Di vita, sofferenza e morte
di D.
Nell’epoca dell’accanimento terapeutico si è disimparato che a volte la scelta più umana davanti alla sofferenza è porvi fine. Siamo abituatati a farmaci, macchine e tubi che sopperiscano a tutte le funzioni di un organismo vivente, pur di tenere in vita il paziente il più a lungo possibile. Che si parli di una persona o di un animale fa poca differenza, al punto di attribuire sentimenti umani agli animali e animalizzare le persone, ammassandole in reparti stracolmi come si farebbe con dei conigli.
Tenendo in vita qualcuno che la Natura riconosce pronto a morire, che sa di essere pronto a morire e accetta l’abbraccio della Morte, ci si intestardisce con un egoismo di fondo che mette se stessi e la propria paura davanti agli altri, impedendo di empatizzare e provare davvero, sulla propria pelle, la sofferenza altrui. È una delle tante vittorie dell’Ego sull’empatia, e la sconfitta del sentimento di umanità è di per se agghiacciante.Sulla pratica dell’evocazione
Riteniamo superfluo redigere un articolo del tipo “come evocare un demone o una divinità”. Di fatti, non ci concentreremo sulle tecniche, bensì sui temi, una caratteristica che in genere contraddistingue tutto il nostro lavoro di divulgazione. A maggior ragione, così deve essere anche in questo caso, poiché nessun articolo, per quanto lungo e completo, potrebbe mai sostituire gli anni di pratica, prove, fallimenti e successi, non solo necessari, ma addirittura fondamentali, a padroneggiare una pratica complessa e articolata come quella dell’evocazione.
Questo articolo quindi si rivolge a quanti desiderano confrontarsi con alcune nozioni di base, o cercano chiarimenti sul tema, ma non sarà di alcuna utilità a coloro che sperano di trovarvi un breviario riduttivo, una lista di strumenti necessari e istruzioni. L’accostarsi al sovrannaturale è qualcosa che si conduce per gradi, non un evento istantaneo, bensì qualcosa di ricercato e strutturato giorno per giorno.