Di vita, sofferenza e morte
di D.
Nell’epoca dell’accanimento terapeutico si è disimparato che a volte la scelta più umana davanti alla sofferenza è porvi fine. Siamo abituatati a farmaci, macchine e tubi che sopperiscano a tutte le funzioni di un organismo vivente, pur di tenere in vita il paziente il più a lungo possibile. Che si parli di una persona o di un animale fa poca differenza, al punto di attribuire sentimenti umani agli animali e animalizzare le persone, ammassandole in reparti stracolmi come si farebbe con dei conigli.
Tenendo in vita qualcuno che la Natura riconosce pronto a morire, che sa di essere pronto a morire e accetta l’abbraccio della Morte, ci si intestardisce con un egoismo di fondo che mette se stessi e la propria paura davanti agli altri, impedendo di empatizzare e provare davvero, sulla propria pelle, la sofferenza altrui. È una delle tante vittorie dell’Ego sull’empatia, e la sconfitta del sentimento di umanità è di per se agghiacciante.Introduzione alla figura della Santa Muerte
La Santa Muerte, nominata in molti film e telefilm come “la santa dei narcotrafficanti”, “la signora dei killer”, dipinta come la più malvagia delle divinità, a cui si rivolgono soltanto i criminali per ottenere favori e poter compiere impuniti i propri delitti, è in realtà una figura molto distante e diversa da questi luoghi comuni.
In Messico viene invocata per vegliare su qualunque aspetto della vita: punire le ingiustizie, vendicare i torti, proteggere i malati, gli infanti e i deboli, suscitare l’amore, dare dignità a chi ha un orientamento religioso, sessuale o politico differente da quello della massa. Viene pregata anche dai criminali, ovviamente, perché possa proteggerli dalla morte o rendere la lama della loro “falce” più affilata e favorirli nel compimento di omicidi.