L’uso dei figurini di cera e alcune nostre scelte pratiche
Questo tipo di strumento magico – in Italiano anche chiamato “dagida”, sebbene non siamo mai riusciti a rintracciare l’origine della parola – affonda le sue radici in tecniche magiche antichissime, caratteristiche del bacino del Mediterraneo e ampiamente diffuse presso vari popoli. L’uso di questi figurini, di solito preparati in cera o argilla, era prescritto per un’ampia gamma di incantesimi: rituali d’amore e legamenti, maledizioni ed esorcismi, riti di guarigione, e via discorrendo. In tutti quei casi, insomma, in cui nel rituale era centrale la persona (da piegare a una certa volontà o da guarire da un certo male), oppure la sua mente o il suo “spazio corporeo” – nei quali doveva essere instillata un’idea o una volontà, bandito un pensiero e così via. In poche parole, il figurino diventa sembiante archetipico della persona – ragion per cui è importante prestare attenzione che nel figurino siano rappresentati tutte le membra del corpo con un buon livello di dettaglio e riflesse le caratteristiche fondamentali della persona che devono rappresentare (per fare l’esempio di un caso estremo: se a una persona mancasse un braccio, prima di iniziare il rituale si priverebbe di quello stesso braccio anche la dagida).