Di vita, sofferenza e morte
di D.
Nell’epoca dell’accanimento terapeutico si è disimparato che a volte la scelta più umana davanti alla sofferenza è porvi fine. Siamo abituatati a farmaci, macchine e tubi che sopperiscano a tutte le funzioni di un organismo vivente, pur di tenere in vita il paziente il più a lungo possibile. Che si parli di una persona o di un animale fa poca differenza, al punto di attribuire sentimenti umani agli animali e animalizzare le persone, ammassandole in reparti stracolmi come si farebbe con dei conigli.
Tenendo in vita qualcuno che la Natura riconosce pronto a morire, che sa di essere pronto a morire e accetta l’abbraccio della Morte, ci si intestardisce con un egoismo di fondo che mette se stessi e la propria paura davanti agli altri, impedendo di empatizzare e provare davvero, sulla propria pelle, la sofferenza altrui. È una delle tante vittorie dell’Ego sull’empatia, e la sconfitta del sentimento di umanità è di per se agghiacciante.Il tamburo sciamanico: il battito ancestrale
Il tamburo sciamanico è, tradizionalmente, lo strumento più importante per lo Sciamano. Oggigiorno è anche quello più incompreso, relegato a un accessorio che, più che funzionale, deve essere utile ad apparire, magari decorato con un disegno evocativo, ma privo di significato. Al posto che in legno e pelle, sulle bancarelle sempre più spesso se ne trovano in plastica, a volte prodotti industrialmente, perché più durevoli ed “etici”. Si manda in secondo piano la Tradizione, per soddisfare il desiderio di apparire, una fame che divora la società moderna e certo non risparmia l’ambiente esoterico. Pochissimi creano da sé il proprio tamburo in legno e pelle, pochissimi lo fanno a mano attraverso il proprio sacrificio, di tempo e fatica. Sembra quasi che si vorrebbe che il tamburo non fosse altro che uno strumento al servizio del proprio ego, piuttosto che un tramite per gli Spiriti.