Sciamanesimo

La Farfalla

L’immagine che abbiamo della Farfalla è quella di un insetto variopinto, spensierato e libero nel suo posarsi di fiore in fiore, emblema di libertà e bellezza. Tendiamo a ignorare che, prima di arrivare ad essere farfalla, quell’insetto passa per diverse fasi evolutive: l’uovo, la larva (bruco), la pupa. Solo dopo questa lunga metamorfosi, entra in possesso delle sue ali e della sua livrea – una sorta di identità, che matura nel tempo.

Di tutte le uova che vengono deposte, solo pochi esemplari raggiungono la maturità e diventano Farfalla. Ciò non solo a causa dei predatori, come potremmo pensare, ma anche per il travaglio che i vari stadi portano all’insetto, cambiamenti radicali che non tutti gli esemplari riescono a superare. È innanzitutto per questo che pensare alla Farfalla soltanto come a un simbolo di libertà è limitativo ed esclude, in realtà, la maggior parte della loro vita – che la passano sotto forma di larva. Per la maggior parte delle specie infatti la vita come bruco è molto, molto più lunga del breve tempo trascorso nello stadio finale di Farfalla.

Perciò, per comprendere i doni di questo Spirito, non si può osservare soltanto la Farfalla, ma si deve guardare il suo percorso evolutivo, che la porta dall’essere un minuscolo uovo ignorato in balia dell’ambiente circostante, a essere un insetto variopinto ed amato. Osservando i cambiamenti, è possibile iniziare a comprendere meglio l’essenza dello Spirito e quali aspetti della nostra vita ci induce a considerare o prendere in mano.

Le uova vengono deposte su una specifica pianta o in una posizione nascosta, dopodiché il genitore le abbandona. In alcuni casi perché la deposizione ne rappresenta la morte, in altri perché migra in altri luoghi.
La trasparenza lattea dell’uovo permette di vedere la crescita dell’embrione al suo interno, apprezzarne i movimenti e la trasformazione. In alcune specie, l’uovo addirittura cambia colore a seconda dello stadio di crescita.

Emersa dall’uovo, di cui spesso si nutre (in quanto fonte di nutrienti nell’immediata prossimità e di cui è facile usufruire), la larva inizia a nutrirsi. In questa fase il suo corpo è un unico segmento con tre coppie di zampe e un numero variabile di pseudozampe addominali che usa per muoversi lungo la pianta. È il bruco, che tutti conosciamo come gran divoratore di foglie nei nostri giardini. E, se tanto apprezziamo il prodotto finale della sua esistenza, cioè la Farfalla, quando lo troviamo in questa fase della vita tendiamo ad ucciderlo.
La dieta dei bruchi è più difficile di quella che potremmo immaginare. Alcuni si nutrono soltanto di foglie, altri delle foglie di determinate piante, altri ancora di gemme, fiori, frutti, semi o legno. Insomma, sono più o meno selettivi in base alla specie.
Durante il suo sviluppo, la larva cambia cuticola o pelle, della quale di solito si nutre. C’è in questo una sorta di atto di cannibalismo del vecchio sé che rappresenta il primo, evidente, dono di questo Spirito: la capacità di trarre nutrimento da ciò che si è stati, e trasformarsi.
In questo momento, la larva ha un comportamento sociale gregario: tende infatti a vivere vicino ad altri esemplari, a volte costruendo veri e propri nidi con la seta che produce. È un comportamento comunque non presente in tutte le specie, poiché le abitudini dei bruchi sono tanto varie, quanto varie sono le condizioni in cui sviluppano.
Le strategie difensive evolute dalle larve sono di una altrettanto incredibile varietà. Alcune presentano ciglia irritanti, altre hanno livree sgargianti (che spesso, in Natura, indicano animali velenosi), altre ancora sapore nauseante, organi che espellono sostanze tossiche, organi che estroflettono per spaventare i predatori, e così via. Sono tutte evoluzioni volte a permettere la sopravvivenza della larva fino alla stadia di pupa, dandole così più possibilità di diventare Farfalla.

Raggiunto l’apice del proprio sviluppo, il bruco smette di nutrirsi, e dunque di crescere, e si prepara ad imbozzolarsi. Si appende a testa in giù, in un punto protetto, e (nella maggior parte delle specie) tesse un bozzolo intorno a se. Una volta chiusa nel bozzolo, esegue un’ultima muta e diventa pupa.
Per le specie che non hanno bozzolo, la pupa assume una forma tale da mimetizzarsi con l’ambiente circostante. Il suo corpo si irrigidisce e riproduce le fattezze di una foglia, di un rametto, o di un altro elemento naturale che non desti le attenzioni dei predatori e permetta, in un momento in cui è inerme e fragile, di non essere predata.
Ecco un secondo evidente insegnamento: l’adattabilità alle circostanze, per sopravvivere e continuare la trasformazione verso una nuova versione di sé stessi.

Quando la pupa ha raggiunto il massimo sviluppo possibile – nella pelle che ha adattato per sopravvivere o nel bozzolo che si è costruita intorno – inizia a stare stretta nello spazio. Non può fare altro che cercare di lacerare la cuticola, o forare il bozzolo, e faticosamente emergere in una forma nuova, ma ancora acerba.

Deve stendere lentamente le ali, lasciando che l’emolinfa abbia il tempo di riempire e distendere le ali, e poi lasciarle asciugare perché siano funzionali al volo. Se non riesce a stendere completamente le ali, non è in grado di volare, e dunque verrà predata o morirà di stenti.
Solo quando le ali sono stese e asciutte, si può parlare di Farfalla propriamente formata, che può spiccare il volo e iniziare le sue attività principali: nutrirsi e riprodursi. Alcune Farfalle, appena abilitate alla loro nuova condizione, neanche si impegnano a voltare o a nutrirsi, ma hanno come unico scopo quello di riprodursi. Ciò rende evidente che la parte più importante della vita di queste specie non è nella fase di Farfalla, ma in quella di bruco!
Anche in questo caso, la dieta delle Farfalle è piuttosto varie e circostanziale. Soprattutto gli esemplari maschi, si nutrono anche di lacrime di grandi mammiferi, succhiano il succo dalla frutta, i nutrienti dall’urina, dalle feci e dalle carcasse, per accumulare sostanze che passeranno alla femmina durante il coito per sostenere le uova. La prole di esemplari con queste abitudini alimentari ha più possibilità di sopravvivenza, si tratta dunque di un adattamento volto a garantire lo scopo superiore: la sopravvivenza della specie.
Nello stadio di Farfalla, questo Spirito ha sviluppato molti adattamenti contro i predatori: disegni sulla livrea che riproducono occhi e altre forme, per richiamare foglie, rocce, rami, fiori e passare inosservate ai predatori. Alcune specie emettono odori, ferormoni o suoni che infastidiscono e dissuadono i predatori interessati. Una delle abilità più sviluppate dalla Farfalla è dunque la capacità di mimetizzarsi e imitare la Natura per difendersi.
Un grande mito da sfatare è invece la scarsa longevità delle Farfalle, che secondo l’idea comune vivono per un giorno, si riproducono e muoiono. Se questo è vero per alcune specie, nelle quali lo stadio di farfalla ha come unico ruolo quello di riprodursi per poi morire, in altri casi ciò risulta falso e le farfalle potrebbero sopravvivere per anni, durante i quali continueranno a riprodursi e a svolgere un altro importante compito: quello di impollinatrici di fiori e piante.
Allo stesso modo, se è vero che alcune Farfalle non si muovono più di pochi chilometri, altre compiono vere e proprie migrazioni in colonie numerose.

Capito il ciclo vitale della Farfalla, è bene fissare a mente che lo stesso Spirito che anima la specie nel suo stadio finale (di variopinta farfalla, appunto) è quello che dà vitalità all’uovo anonimo e inerme. Se vogliamo, lo Spirito individuale di ogni esemplare si trasforma attraverso il ciclo vitale del corpo che lo ospita, ma di per sé, osservando lo Spirito di tutta la specie, siamo davanti a un maestro che, nel suo passato, ha già percorso infinite volte quel ciclo di trasformazione e che che conosce ogni stadio, non solo quello di Farfalla.
È intuibile, che il dono principale non è quindi la libertà, ma la capacità di mutare, cambiare e rinnovarsi, pur senza perdere sé stessi – senza perdere il proprio Spirito! Le trasformazioni che la Farfalla affronta da uovo a esemplare adulto sono tante, varie e dolorose, ma in nessun momento smettere di essere Farfalla che matura, vive, si evolve e sviluppa la propria identità e il proprio massimo potenziale, o il proprio scopo.

Nell’uovo c’è una vitalità immatura e inerme, nella larva c’è tenacia e grande capacità di affidarsi all’istinto, perché il processo di trasformazione possa iniziare e prendere piede, culminando in un vero e proprio atto di forza: rinchiudersi, limitarsi, apparentemente imprigionarsi, per poi rompere quel confine e liberarsi in una forma, quella di farfalla, dominata dal coraggio e dall’abilità nello spiegare le ali e assolvere il proprio ruolo. E tutto il processo è permeato di perseveranza, forse anche da un briciolo d’incoscienza, che nell’essere umano è la capacità di sporgersi al limite di un precipizio per spiccare il volo. Questi due elementi, perseveranza e incoscienza, esistono nella stessa misura nella Farfalla, e sono i due elementi necessari per innescare un processo di crescita spirituale che porti risultati e cambiamento. Non è un caso, se vogliamo, che anticamente, presso i Greci, i Romani e altri popoli, le anime assumessero proprio forma di Farfalla.

Le molte capacità di adattamento e difesa, mostrano chiaramente come non sono necessari artigli, zanne e grande forza per difendersi, ma che ciò che serve a volte è una buona strategia, astuta e funzionale. Non sempre caricare a testa bassa è la soluzione, a volte sfoggiare un paio di ali variopinte, che riproducono le fattezze degli occhi di un gufo, è altrettanto efficacie. Non si tratta di fingersi ciò che si è, ma di sfruttare l’ambiente a proprio favore. Per sopravvivere. E se non siamo in grado di sopravvivere, di certo non potremo affrontare un percorso di crescita spirituale, perché saremo morti ancora prima di aver mosso un passo.

Per quelle Farfalle che arrivano allo stadio finale e vivono solo in funzione alla riproduzione, l’insegnamento è la necessità di concentrarsi su obiettivi più alti. Nel loro caso, si parla di proseguire la specie. Nel caso dell’umanità, ciò può essere traslato in termini di sostegno a una causa umanitaria, all’insegnamento, alla divulgazione, cose che non fanno bene soltanto a chi le attua, ma anche a chi le riceve e che, attraverso tali impegni, riceve la possibilità di cambiare e trasformarsi a propria volta.

Lo sfarfallamento è l’insegnamento della necessità di lasciar andare il superfluo, anche se costa fatica perché abbiamo guadagnato quella condizione con dolore. Come il bozzolo non è più funzionale alla farfalla, che si deve lasciar dietro la cuticola della pupa e la vita come bruco, allo stesso modo molte esperienze della vita umana, molte convinzioni e preconcetti, diventano superflui con lo scorrere degli anni. E allora lasciarli indietro non diventa sinonimo di abbandonare sé stessi, ma di avere consapevolezza di chi si è diventati negli anni e di liberare sé stessi da quegli eccessi soffocanti. Questo Spirito ci invita a trarre nutrimento dal passato, senza aggrapparci ad esso in modo ottuso. Imparare, per trasformare, e poi lasciar andare raggiunto un nuovo stadio della nostra vita.
Quindi, la Farfalla ha più da insegnare come simbolo di Rinscita e Forza, più che come emblema di libertà.

Spero che questa analisi possa aiutare a riflettere su quanto perdiamo dell’insegnamento degli Spiriti quando non osserviamo l’etologia dei loro veicoli fisici in modo completo e attento. Anche quando un animale ci sembra piccolo e banale, a volte scontato nel suo messaggio, potrebbe nascondere invece la lezione che potrebbe svoltarci la vita.

In ultimo, una piccola precisazione: anche se in tempi recenti la distinzione fra Farfalle e Falene è venuta a mancare per la scienza, che la ritiene obsoleta e basata esclusivamente su alcune abitudini diverse parte degli adattamenti delle specie, ho deciso in ogni caso di mantenerla, ritenendo che a livello folkloristico e popolare i valori siano molto differenti – e riflessi nel mio approccio allo Sciamanesimo.

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