Ostara: conigli che depongono le uova
Perché, per ogni Sabba, si parla quasi soltanto di Divinità femminili? Potremmo dire, che questo retaggio ci deriva dall’ampia diffusione della Tradizione Magica Occidentale in Europa che, vedendo nella Luna la tessitrice della Natura, ha portato il pensiero magico a individuare in figure divine femminili le tessitrici della Natura nel suo ciclo annuale. Così, anche un approfondimento sull’imminente sabba di Ostara non può che partire da alcune considerazioni riguardo una divinità difficile da collocare ed elusiva, perché scarsamente attestata dalle fonti e soggetta a più speculazioni che certezze.
Parliamo di Eostre, che dà il nome questa celebrazione, la cui menzione più antica compare nel De temporum ratione di Beda, datato all’VIII secolo, nel quale troviamo scritto:
“Eosturmonath ha un nome che è oggi tradotto come ‘mese pasquale’, e che una volta era chiamato così in onore della dea da loro [gli Anglo-Sassoni] detta Eostre, in cui onore feste erano celebrate in questo mese.”
Feste, secondo Beda, con valore simile alla resurrezione celebrata nella Pasqua cristiana, e dunque facilmente soppiantate dal nuovo credo. Per lungo tempo gli studiosi hanno dubitato dell’esistenza di Eostre, poiché non vi era altra fonte nota che Beda, tuttavia la sua esistenza è stata infine più o meno accettata negli anni ’60 del Novecento, grazie alla scoperta di più di 150 iscrizioni votive di periodo Romano-Germanico, trovate nei pressi di Morken-Harff (Colonia), intitolate alle Matronae Austriahenae. Le iscrizioni sono datate al 150-250 d.C. e, nonostante siano in stato frammentario e spesso incompleto, presentano in diversi casi nomi etimologicamente correlati a Eostre – e forse a toponimi relativi all’est (rispetto al luogo in cui abitavano i fedeli). Comunque, è necessario notare che l’interpretazione di questi reperti al fine di confermare l’esistenza di un culto di Eostre è in parte faziosa, perché le Matronae Austriahenae erano di fatto dee trine per cui si lasciavano iscrizioni votive su pietra, mentre per Eostre nessuna iscrizione è mai stata trovata – il che induce a pensare che non fosse parte del suo culto questo tipo di iscrizione votiva, ragione sufficiente a dividerla dalle Matronae Austriahenae. Tuttavia, è confermata la ricorrenza delle radici etimologiche.
Dal punto di vista etimologico, il nome Germanico Ostara ritorna nell’Antico Inglese Eastre e nel Sassone Occidentale Eostre, e secondo gli studi linguistici tutti questi termini hanno radice nel Proto Indo-Germanico *Austrón e nel Proto Indo-Europeo *hwes, ovvero brillare o bagliore (rosso?), riferiti in genere al sole nascente o all’alba. Da queste radici derivano parole usate modernamente come est, la direzione del sole nascente e dell’alba, e nomi di divinità quali la vedica Ushas, la greca Eos e la latina Aurora – figure parte del “complesso della dea dell’alba” e viste come dee dell’alba, portatrici dell’alba, ma anche figlie del cielo.
Il fatto che, secondo Beda, il nome associato al periodo di Marzo-Aprile dai Sassoni fosse Eosturmonath rimanda all’idea che a questo periodo Eostre fosse associata, ovvero all’inizio della primavera, che segna la definitiva rinascita della natura, il potere prorompente della Vita, che si manifesta e rigenera. Questa è, in effetti, la prima grande differenza simbolica con Imbolc, che non è una festa di manifestazione della Vita, ma ancora un momento di gestazione nel grembo della terra e di purificazione prima della manifestazione.
Tuttavia, la maggior parte dell’impulso allo studio di Eostre ci arriva da J. Grimm, il quale, in Teutonic mythology, scrive:
“Ostara, Eástre sembra dunque essere stata la divinità dell’alba luminosa, della luce che sorge, uno spettacolo che porta gioia e benedizione, il cui significato può essere facilmente adattato al giorno della resurrezione del Dio cristiano. Falò venivano accesi a Pasqua e, secondo credenze popolari di vecchia data, il momento in cui il sole sorge la mattina della Domenica di Pasqua, dona tre lepri gioiose […] L’acqua presa la mattina di Pasqua è, come quella raccolta a Natale, santa e curativa […]”
Grimm si spinge oltre la semplice raccolta di credenze popolari e propone un’associazione fra Ostara e Nerthus, antica dea germanica associata alla fertilità della terra. Ci si chiede, dunque, se questa associazione sia effettivamente valida e sufficiente a giustificare la moderna associazione delle ierogamos con il sabba di Ostara.
Abbiamo ricollegato il nome Ostara a quello di Eostre, tracciando la medesima discendenza linguistica, ma ci preme far notare anche che non vi è traccia del nome Ostara prima degli scritti di Grimm, ragion per cui è plausibile pensare che Grimm, come folklorista che voleva dimostrare la sopravvivenza di credenze pagane al cristianesimo, a tutti gli effetti creò questo nome possibile, ma non certo, come parallelo alla Sassone Eostre.
Fra i simboli che si associano a Eostre, vi è la lepre. Vi sono posizioni di estremo scetticismo riguardo a questa considerazione della lepre come animale sacro ad Eostre e, al contempo, posizioni che considerano tale animale un antichissimo simbolo di tutte le dee primaverili.
In realtà, la questione della lepre di Eostre risale a un libro del 1883 di K.A. Oberle, Ueberreste germanischen Heidentums im Christentum, il cui scopo era quello di sostenere la sopravvivenza di antiche credenze pagane all’avvento del Cristianesimo in Germania. In tale contesto, Oberle afferma che la lepre pasquale, che nella Germania meridionale si racconta ai bambini deporre le uova pasquali, una volte “doveva essere stata un uccello” – il ragionamento di Oberle è lineare: gli uccelli depongono le uova, ma le lepri no.
Se anche lui non si spinge in ulteriori spiegazioni, riprendendo la sua frase, H. Krebs nel primo volume della rivista Folk-Lore (uscito nel 1883, stesso anno del testo di Oberle) espande e rende più pittoresca la storia, scrivendo:
“Uova di Pasqua e lepre – Qualche tempo fa è stata sollevata la questione di come mai, secondo la tradizione popolare della Germania meridionale ancora prevalente, i bambini credono che la lepre deponga le uova di Pasqua. Mi azzardo ora a offrire una probabile risposta. In origine la lepre sembra fosse un uccello che l’antica dea teutonica Ostara (l’anglo-sassone Eàstre o Eostre, come la chiama Beda) trasformò in un quadrupede. Per questo motivo la Lepre, in riconoscente ricordo della sua antica qualità di uccello e rapida messaggera della Dea della Primavera, è in grado di deporre le uova durante la sua festa nel periodo pasquale” – e conclude citando Oberle.
Da qui la storia del coniglio pasquale di Eostre prende piede e si diffonde, senza essere mai realmente approfondita. Perciò, se è vero che esiste in Germania meridionale la credenza che le uova decorate e regalate che vengono preparate per Pasqua siano portate da una lepre, non sussiste alcuna reale prova che la lepre fosse anticamente un simbolo di Eostre. Alcuni citano, a favore di quest’idea, una statua di Abnoba, antica divinità celtica venerata nella Foresta Nera, senza tenere conto che Abnoba era probabilmente una divinità dei monti e delle sorgenti, e non una divinità della luce e dell’alba come il nome di Eostre lascia intendere.
Dunque lepri e uova non sono correlati alla primavera? Più che altro, l’anello che salta in questo ragionamento è la correlazione di uova e lepri a divinità della fertilità. Lo stesso concetto di “divinità della fertilità” è una forzatura, un’estensione simbolica che si vuole calare a forza sulle dee dell’alba e del cielo. Lepri e uova non hanno bisogno di essere associata alla primavera attraverso l’intermediazione di un legame simbolico con qual si voglia divinità, semplicemente perché in primavera le lepri partoriscono grandi cucciolate, e lo stesso succede con le uova, che abbondano, perché in primavera gli uccelli sono nel pieno della riproduzione. Sia la grande fertilità della lepre, che il ruolo dell’uovo nella riproduzione degli uccelli, sono sufficienti a giustificare il loro legame con concetti quali la fertilità e la riproduzione – eventi che riguardano la primavera.
Invitiamo quindi a una maggiore cautela, quando si tratta di associare simboli a festività pagane, cercando di comprendere che se anche la linguistica, l’antropologia e l’archeologia hanno difficoltà a definire il contesto della antiche celebrazioni, di certo delinearlo non può essere fatto con analisi superficiali rilanciate da un blog all’altro!