Offerte: come disporne e altre domande
Ci hanno chiesto:
Cosa bisogna fare delle offerte? Ho sentito spesso che è necessario lasciarne in natura, consentendo agli animali di cibarsene. Ma nel caso di offerte di carne ed altri alimenti che possono putrefarsi?
Chiedo perché in un gruppo di discussione ne abbiamo parlato e secondo molti l’idea di rilasciare le offerte in natura sarebbe sbagliata perché in passato il fatto che un’offerta andasse “a male” era considerato “peccato” nei confronti dell’entità, anche se tolta dall’altare votivo.
Dunque in molti supponevano che l’offerta dovesse successivamente essere consumata (da quel che so, questa pratica era piuttosto comune solo fra i poveri che “rubavano” il cibo ai crocicchi, come nel caso del culto di Hekate).
Si è parlato anche del fatto che le uova dovessero essere fecondate prima di essere sacrificate e che i sacrifici animali fossero solo di sangue.
Cosa ne pensate al riguardo?
Partiamo dall’ultima domanda.
Le uova che vengono offerte, e quindi sacrificate al Divino (ovvero tolte dal profano e consegnate al Sacro), sono esclusivamente quelle fecondate. Si scelgono quelle fecondate perché l’uovo non fecondato è soltanto l’ovulo e, senza la fecondazione del gallo, non racchiude in sé la vita – ma solo il suo potenziale. A venire sacrificata è la vitalità, racchiusa appunto nell’uovo fecondato e quindi nell’embrione. E nell’uovo fecondato vi è, fra l’altro, del sangue. Questo rende l’uovo fecondato solo un altro tipo di offerta “rossa”, ovvero “di sangue”.
Resta implicito che tutti i sacrifici animali siano sacrifici di sangue. Questo vale anche nel caso delle uova o del pesce. Mentre invece il latte non è considerato un sacrificio animale o rosso, perché l’animale da cui arriva non muore. È un sacrificio che si origina dall’attività umana del prendere il latte, e che arriva quindi da un animale, piuttosto che essere dell’animale in sé.
Riguardo alle offerte rivolte a Hekate che venivano lasciate ai crocicchi durante i Deipnon e altri rituali a lei dedicati: è vero che vi era questa usanza di abbandonarle ai crocicchi, e spesso sono state ritenute una vera e propria offerta di carità ai poveri, posta sotto la tutela di Hekate che, fra le altre cose, nel tardo ellenismo divenne patrona anche delle strade e delle periferie cittadine, per il suo essere sincretizzata con Einodia. Tuttavia, non era obbligatorio che venissero consumate dai poveri, né si abbandonavano sapendo che lo sarebbero state. Il fulcro è piuttosto la scelta del crocicchio, come luogo dove Hekate esercita il proprio potere. Ciò non veniva fatto quindi per non farle andare a male o per sfamare i poveri (anche se, probabilmente, questa seconda cosa divenne ingerente in un secondo momento). Ciò veniva fatto perché, attraverso il crocevia, le offerte potessero giungere a Hekate.
Inoltre, per quanto riguarda il non far andare a male le offerte, che devono obbligatoriamente essere consumate… siamo abbastanza scettici verso il discorso che ti è stato fatto. Come abbiamo detto, il sacrificio implica la rimozione dell’offerta dalla sfera del profano e la sua consegna formale alla sfera del Sacro. Per tale ragione, l’offerta non fa più parte della prassi e dell’uso mondano. Viene considerata elemento per la vitalizzazione della Divinità (a volte della sua statua, ma non necessariamente), che potrebbe essere condivisa con la Divinità stessa, e gli altri fedeli, soltanto nel momento in cui il rituale lo prevede. Ma non tutti i rituali lo prevedono, e anche storicamente sappiamo che era così. Alcune offerte venivano per esempio arse e le loro ceneri disperse, sepolte o se ne disponeva in altri modi. In altri casi, l’offerta veniva sotterrata (in particolare per le Deità ctonie). In altri casi ancora, come quello di Hekate, lasciata in uno specifico luogo di potere, a prescindere dal suo destino, perché il modo in cui l’offerta veniva “riassorbita” dalla Natura – consumata da animali selvatici, putrefatta, sparpagliata, “smembrata”, sparita – costituiva un presagio, proprio perché, essendo ormai Sacra, il suo destino coincideva o poteva coincidere con la manifestazione di un oracolo.
È anche vero che in alcuni casi, come nell’Induismo o nel Cristianesimo, la condivisione dell’offerta è alla base del rituale stesso, e questo è tanto più vero nei contesti in cui il rituale assume importante valenza comunitaria. Tuttavia, non si può affermare che questo fosse il modo univoco, o che ci sia un modo standard per fare le offerte e disporne dopo il rituale! Non solo ogni cultura ha i propri modi e tempi, ma a volte, anche all’interno della stessa Tradizione, le offerte seguono destini diversi quando rivolte a Divinità diverse. Si pensi anche solo all’abissale differenza che intercorreva fra le offerte rivolte a Deità olimpiche e ctonie nel mondo ellenico.
Per quanto riguarda la putrefazione, come ogni evento e simboli, ha natura intrinsecamente duplice e il suo significato dipende dal quadro di riferimento. A parte che il concetto di “sprecare il cibo offerto quando si putrefà” ci sembra parecchio gravato da una mentalità cristiana – perché nel momento stesso in cui stai facendo un’offerta il cibo non è già più sprecato – se la putrefazione delle offerte riguarda Divinità ctonie o legate alla Morte, e sopraggiunge con rapidità, potrebbe per esempio essere interpretata come un buon segno, di offerta accolta e “consumata”. Se lo stesso accadesse a offerte destinate a Divinità agricole o legate alla fertilità, il segno assumerebbe significato diverso, nefasto.
Come disporre delle offerte è circostanziale e fortemente culturale.
A nostro avviso, ci sono poche, ma semplici regole da seguire:
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non abbandonare in Natura elementi inquinanti o che potrebbero ferire gli animali. Per esempio: vetro, chiodi, candele in paraffina
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per le offerte che possono putrefarsi, bisogna ricordare che molti animali sono spazzini e già naturalmente mangiano carne o elementi putrefatti, perché il loro organismo si è evoluto per farlo. Anche solo i cani, per fare un esempio familiare, sotterrano le ossa con brandelli di carne attaccata e le riesumano per cibarsene. Che poi non vogliamo che lo facciano, perché hanno la loro ciotola piena di cibo, non vuol dire che non sia nella loro natura. Lo stesso esempio si può applicare alle volpi o ai corvi, piuttosto comuni nei nostri boschi. Si può stare tranquilli: se un animale è saprofago, mangerà il cibo putrefatto; altrimenti lo ignorerà, come è nella sua natura fare
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il vino e altri alcolici dovrebbero essere versati sulla terra, evitando le radici degli alberi – salvo in casi molto specifici – per non uccidere la pianta
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il latte e il miele, che sono zuccherini, attirano le mosche, quindi anche in questo caso bisogna offrirli sulle radici degli alberi esclusivamente se il legno non presenta ferite. Fa eccezione il miele se si applica direttamente sulle ferite del legno, avendo potere antibiotico
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a nostro parere, le offerte dovrebbero sempre essere lasciate sull’altare per un certo periodo, variabile, e poi il più possibile restituite in natura, che è poi l’apice della manifestazione del Divino, possibilmente in un luogo sacro alla Divinità alla quale sono state rivolte
Detto questo, è chiaro che non c’è uno standard e che, come sempre, bisognare darsi delle linee guida in base alla Tradizione, e poi trovare il proprio metodo, anche in funzione delle proprie possibilità. Se si abita in centro città e non si ha un parco neanche a pagarlo, magari lasciare le offerte nell’aiuola sotto casa non è proprio una grande idea.
Un commento
Sonia Ronchini
è stato veramente molto interessante,ben spiegato e istruttivo leggere questa risposta