Il tamburo sciamanico: il battito ancestrale
Il tamburo sciamanico è, tradizionalmente, lo strumento più importante per lo Sciamano. Oggigiorno è anche quello più incompreso, relegato a un accessorio che, più che funzionale, deve essere utile ad apparire, magari decorato con un disegno evocativo, ma privo di significato. Al posto che in legno e pelle, sulle bancarelle sempre più spesso se ne trovano in plastica, a volte prodotti industrialmente, perché più durevoli ed “etici”. Si manda in secondo piano la Tradizione, per soddisfare il desiderio di apparire, una fame che divora la società moderna e certo non risparmia l’ambiente esoterico. Pochissimi creano da sé il proprio tamburo in legno e pelle, pochissimi lo fanno a mano attraverso il proprio sacrificio, di tempo e fatica. Sembra quasi che si vorrebbe che il tamburo non fosse altro che uno strumento al servizio del proprio ego, piuttosto che un tramite per gli Spiriti.
Eppure, in un contesto animista e sciamanico, il tamburo non è soltanto il mezzo attraverso la cui percussione il praticante viene facilitato nel suo Viaggio, ma è un vero e proprio alleato, animato da uno Spirito che ognuno è chiamato a conoscere, e con il quale è possibile stringere un sodalizio che aiuti durante il lavoro. Creato e attivato in modo corretto, il tamburo sciamanico smette di essere un semplice oggetto, divenendo invece estensione dello Sciamano – e il suo potere non è più soltanto quello fisiologico sprigionato dal battere ritmico, che altera le onde celebrali e consente di raggiungere più facilmente stati alterati di coscienza, ma coinvolge anche la sfera soprannaturale, permettendo agli Spiriti di prendere per mano il praticante e condurlo nel suo Viaggio.
Per costruirlo, imprescindibile dovrebbe essere l’uso di pelle e legno per costruire il tamburo. Essendo lo Sciamanesimo basato su una concezione animista del mondo, è ovvio che i materiali naturali utilizzati si ritengano abitati da Spirito. La creazione del tamburo è la creazione della residenza del suo proprio Spirito, la definizione di un mezzo tangibile nel quale non solo abiterà, ma attraverso il quale potrà esprimersi nel Mondo Fisico ed entrare in contatto con il praticante. Costruirlo con materiali sintetici equivale a costringere un’energia viva, selvaggia e ancestrale, a risiedere in una bottiglia di plastica e pretendere che ci presti il suo potere.
Da Tradizione, il legno e la pelle con i quali comporre il tamburo sciamanico, non devono essere scelti casualmente, ma vengono indicati dagli Spiriti stessi. Non di rado, all’apprendista viene chiesto di procurarseli con le sue sole forze, sfidando la Natura, entrando nel bosco, in un vero e proprio viaggio di catarsi, dal quale uscire vittorioso. Tuttavia, le limitazioni imposte dalla società moderna, che si scaglia contro il bracconaggio e tutela gli animali protetti, e salvaguarda determinate specie di piante, impedisce di procurarsi tutto da soli. Non per questo perde di importanza il contatto con gli Spiriti, della pianta e dell’animale che hanno donato le materie prime, al fine di stringere un’alleanza che suggelli la possibilità di accedere ai mondi sottili. L’intima conoscenza degli Spiriti delle materie prime che compongono il tamburo sciamanico implica un’altrettanto profonda conoscenza dello Spirito del tamburo, e solo quest’ultima può gettare le basi fondamentali al corretto viaggiare fra i Mondi.
In altre Tradizioni, i materiali e i modi con cui costruire questo strumento sono tramandati da Maestro ad allievo. Nella cultura norrena non di rado venivano utilizzati legno di frassino e pelle di cavallo, per il forte significato simbolico. Il frassino rappresenta ovviamente Yggdrasill, l’Albero Cosmico, lungo il quale sono disposti i Nove Mondi, ovvero la totalità del Creato. Da ciò che è più in basso a ciò che è più un alto, Yggdrasill è l’axis mundi, cioè l’albero che rappresenta l’armonia di tutte le cose e ne fornisce un primitivo schema di comprensione. Il cavallo fa invece riferimento a Sleipnir, il destriero con otto zampe di Odino, che consente al Padre degli Dei di viaggiare nei Nove Mondi.
Nella cultura norrena, c’è una linea simbolica molto netta che unisce il tamburo, il cavallo e la runa Raido (ᚱ), nel cui nome risuonano altre parole, i cui significati sono cavalcare, carro, musica, rombo, voce, parola (per approfondimenti, consiglio la lettura del paragrafo relativo nel libro Le Rune e gli Dèi del Nord, di Mario Polia). Si istituisce così un legame concettuale fra ciò che è suono e ciò che è movimento, tanto che la runa identifica sia un mezzo fisico attraverso il quale compiere un viaggio (il cavallo, il carro), che il suono che lo annuncia. La parola è inoltre appannaggio unico degli uomini e degli Dèi, i quali soltanto posseggono la facoltà di associare un’idea a un preciso suono articolato, dotato di un significato esatto. Non è quindi un caso se il tamburo sciamanico viene spesso identificato come il destriero (il cavallo) dello Sciamano, il quale, “cavalcandone” il suono, può viaggiare nei Nove Regni, proprio come Odino in groppa a Sleipnir – da qui l’usanza di dipingere cavalli sui tamburi. Nei documenti storici riguardanti l’arte del seiðr, come nella Lokasenna, si fa talvolta riferimento al raddlið, la “banda di cantori” alla quale era assegnato il compito di assistere la spakona, probabilmente proprio attraverso il suono del tamburo, per permetterle di raggiungere l’estasi necessaria al canto del galdr e al viaggio nei Nove Mondi per poter assolvere al proprio compito.
Non bisogna però cadere nel facile tranello di decidere il disegno da apporre sul tamburo in modo meccanico o per creare una composizione bella in modo fine a se stesso. Nel momento in cui si imprime un’immagine, essa porta con sé tutta la sua energia, per cui la sua composizione deve essere sempre valutata in base a ciò che vorremmo incanalare, riducendo l’importanza delle preferenze personali. Il disegno sul tamburo sciamanico è in genere il frutto di un attento lavoro, così che esso ci aiuti a richiamare le forze e gli Spiriti dei quali abbiamo bisogno per compiere la nostra pratica, e che possa costituire una cornice solida nella quale abiti lo Spirito del tamburo, il quale gli donerà il suo potere, il suo carattere, la sua personalità e, in definitiva, la sua voce, unica. Non sempre il significato dell’immagine che si riceve è chiaro da subito, ma una delle prerogative dello Sciamano (e dell’apprendista) è lasciarsi guidare dagli Spiriti, affidarsi, perché le cose possano scorrere in modo naturale e prendere forma con il tempo, lungo il percorso, e portarci quei benefici impensati, invisibili dalla nostra prospettiva umana.
Il tamburo tuttavia non acquisisce autonomamente uno Spirito, ma lo accoglie solo in seguito all’“attivazione”, ovvero dopo che il praticante, tramite un Viaggio o un percorso mirato, inizia a conoscere e vivificare lo Spirito che risiederà in esso, e a intraprendere l‘ordalia che condurrà a un’alleanza. Non è automatico che lo Spirito del tamburo e il praticante stringano da subito il proprio sodalizio, ma anzi in genere è necessario del tempo, molto impegno e molto lavoro, perché il rapporto diventi solido e stabile. La differenza che intercorre tra un tamburo attivato ed uno che non lo è, è il potere che esso può sprigionare: insieme alla percussione, la quale è utile per ottenere i battiti che alterano le onde celebrali, è la presenza di uno Spirito a donargli quell’autorità spirituale fondamentale per i lavori più complessi e mirati all’interno dell‘operatività sciamanica. La capacità di attingere all’alleanza con lo Spirito del tamburo è una prova che l’apprendista deve superare, che lo porta a mettersi in discussione, giorno dopo giorno, e a confrontarsi continuamente con quella forza ancestrale, rievocata dai battiti, che lo connette alle profondità della Natura selvaggia e del Tempo. Il percorso di attivazione è un insegnamento costante, che permette di imparare ad affidarsi e fidarsi del consiglio, e non di meno della forza, degli Spiriti.
Il concetto di “affidarsi” è spesso dato per scontato e sottovalutato: si tratta infatti di un’azione attiva, di un movimento inarrestabile nella direzione indicata, e non di qualcosa di passivo o la ricezione di un aiuto divino del quale si dovrebbe essere graziati senza aver fatto nulla. La società moderna travisa l’idea di affidarsi, vedendola come una debolezza, un dipendere da qualcosa e qualcuno: riemerge il retaggio cristiano, dal quale tutti siamo stati influenzati, che interpreta la capacità di mettersi nelle mani degli altri come un atto di passiva arrendevolezza.
2 commenti
Annalina
Salve io ho appena costruito il mio primo tamburo sciamano,lo disegnato e ora potrò usarlo per poter comunicare con i novi mondi e il mio cuore ascolterà con il vostra informazione mi avete dato una risposta che aspettavo vi ringrazio e continuate così buona fortuna ciao e buon lavoro
Nexus Arcanum
Grazie a te, siamo davvero contenti di esserti stati d’aiuto 🙂