Shapeshifting: le forme dell’anima
Grazie a Vikings e ai film Marvel, negli ultimi anni la mitologia norrena ha avuto una risonanza sempre maggiore, entrando nell’immaginario del grande pubblico fino a diventare una moda. Un numero sempre maggiore di persone si è interessato alla tradizione germanica, scandinava, islandese, spesso senza fare distinzioni fra una e l’altra, e senza la reale capacità di raccogliere informazioni su fonti storicamente accertate, che non avvallino dicerie folkloristiche diventate preminenti a sfavore di una più concreta, spesso meno scenica, tradizionalità. Per fare un esempio, è ormai data per scontata dagli appassionati di Vikings l’esistenza di un metodo di tortura chiamato “aquila di sangue”, la quale, nonostante la citazione in alcune saghe, non è attestata da fonti certe né da ritrovamenti di corpi sui quali sia stata applicata. Certo, più la sceneggiatura dei prodotti di intrattenimento è d’impatto e più ha successo, ma il merito di un bravo studioso è andare oltre la fiction per cercare la Verità.
Seguendo questa moda dilagante, uno degli argomenti più equivocati è quello dei Berserkr, a tratti considerati solo dei guerrieri formidabili, a tratti dei drogati squinternati che, nella loro furia, attaccavano chiunque si parasse davanti a loro. Anche chi sembra andare oltre a questa visione superficiale, pare considerare loro e la tecnica sciamanica da essi utilizzata soltanto come un mezzo per accedere a un maggiore potere. Come se tutto, in sostanza, ruotasse proprio attorno al potere, componente importante nella pratica magica, ma di secondo piano nelle discipline spirituali, dove è da intendersi come un conseguimento che arriva in seguito a cambiamenti interiori spesso radicali e dolorosi, ma necessari ad acquisire una visione più ampia, oggettiva e “alta” della propria esistenza e, in definitiva, della Natura stessa. Niente a che fare con la ricerca di influenza materiale (politica, sociale ed economica, eccetera) alla quale la ricerca del potere è sempre legata a doppio filo.
In tutto il mondo troviamo esempi simili alla tecnica sciamanica legata alla tradizione dei Berserkr, con variazioni a seconda della cultura, della società e dell’ecosistema. Per esempio, i nahual mesoamericani, i guerrieri-giaguaro, da cui deriva la via del Nagualismo, ampiamente descritto da Castaneda, anche se da lui ridotto in modo spesso grossolano a una forma di sciamanesimo nella quale si enfatizza soltanto l’aderenza alla figura del guerriero. Oppure gli hamrammar islandesi, in grado di cambiare la propria “forma” in quella dell’ultima creatura di cui si fossero cibati, retaggio culturale che introduce anche il tema del cannibalismo rituale, avente un profondo significato magico.
Più generalmente, è comune in tutto il mondo quello che viene chiamato shapeshifting o “mutare forma”, pratica che consiste nel raggiungimento da parte dello Sciamano di uno stato di profonda comunione con lo Spirito animale (da non confondersi con lo skinwalking, che non riguarda creature di natura umana, ma sovrannaturale).
Lo scopo dello shapeshifting non è quello di raggiungere una grande forza fisica, un enorme potere spirituale o di cambiare fisicamente la propria forma umana in quella di un animale. In Norvegia e in Islanda, e in generale in tutta l’area scandinava influenzata dalla cultura norrena, si parla di eigi einhamir, cioè di uomini dotati di “non una sola pelle”. Questa metafora si riferisce alla capacità di mutare l’aspetto della propria anima ed energia in quella di diversi animali, per poterne acquisire i doni spirituali, i talenti, le abilità che rendono unica ogni specie, la consapevolezza degli adattamenti specifici che permettono la sopravvivenza nei diversi territori e situazioni. Non è raro, inoltre, che diverse tradizioni tramandino la possibilità, per lo sciamano in grado di accordare la propria anima con quella di una specie, di sfruttarne gli individui come emissari, occhi per controllare un territorio, guardiani silenziosi e custodi ora della società umana, ora della Natura.
Un altro punto molto frainteso riguarda gli scopi della tecnica. Come già detto, il percorso spirituale considera il potere una conseguenza del cambiamento interiore e dell’elevazione della propria anima al di sopra della mondanità, alla ricerca di una comunione disinteressata con il Divino. Lo shapeshifting è la quintessenza di questa comunione, che avviene attraverso la compenetrazione dell’anima umana con lo Spirito dell’animale, della componente celeste con quella terrestre, dell’intelligenza con l’istinto, della civiltà con la vita selvaggia, dell’Uomo con la Natura. Per questo il fulcro motore di tutto non può essere l’aspirazione al potere, ma il tentativo di comprendere il più a fondo possibile il mondo circostante, la vita, l’universo, e trovare, nella Natura, la ragione della propria esistenza. Il potere spirituale e la forza fisica sono conseguenze, il riflesso di qualcosa di molto più grande: l’acquisizione di doti e doni sovrannaturali che permettano allo sciamano, ora guaritore e ora guerriero, di prendersi cura della propria società e dell’ecosistema, in un connubio indissolubile, dove egli è la figura liminare che vive ai margini della sua comunità (perché come tutti i mistici non può trovare spazio nell’ordine comune), ma che costituisce l’indispensabile ponte che unisce mondi all’apparenza inconciliabili, la sua stirpe con gli Spiriti.
Per ragioni storiche e in conseguenza ai prodotti di intrattenimento, i mutaforma più conosciuti sono i Berserkr norreni, la cui immagine di guerrieri sanguinari, privi di controllo, folli, drogati, selvaggi e che attaccavano persino i propri alleati, è in realtà frutto della propaganda diffusa dal cristianesimo a discapito degli antichi culti pagani, tutti aventi un’imprescindibile matrice sciamanica. Questa idea di guerrieri sregolati, dissoluti e privi di scrupoli non è attinente con la realtà antropologica, che di fatti la smentisce, ma si è consolidata con l’avvento del cristianesimo, radicandosi man mano fino ai giorni nostri. Ora lo studioso si trova a dover vagliare fonti spesso incerte, parziali e viziate, per poter epurare i pochi frammenti e valutarli al di fuori di un quadro cristiano. D’altro canto, ciò che è arrivato a noi da tutto il mondo, ci permette di individuare con facilità i tratti di unione e definire in modo abbastanza preciso una tecnica mai realmente scomparsa.
L’idea che i mutaforma di fatto perdessero il controllo di se stessi, falciando senza distinzione amici e nemici, cedendo alla furia e alla smania del combattimento pur di bagnarsi nel sangue del massacro, è smentita dal quadro storiografico. Dal punto di vista della mistica, l’unione con lo Spirito animale arriva di pari passo all’approfondirsi della coscienza di sé, della comprensione del ruolo dell’animale nell’ecosistema, dell’alleanza con lo Spirito animale stesso, dell’esercizio e della tecnica, dell’Iniziazione a un preciso percorso spirituale: come può dunque una tecnica del genere essere fuori controllo? Quello che molti tendono ad omettere per comodità, è che di solito lo shapeshifting va inquadrato all’interno di una via iniziatica con matrice sciamanica, fatta di Maestri e Allievi, di Iniziazioni e Prove, di smembramenti successivi della personalità dell’individuo, perché essa sia ricomposta più integra di prima. Tutto questo contribuisce a forgiare il praticante, donandogli un autocontrollo sovrumano, frutto dell’integrazione dei suoi lati d’ombra e del suo subconscio con le componenti più razionali e consce. E tutto questo fornisce le chiavi per controllare le tecniche che fanno parte della sua Tradizione, alle quali ha accesso solo a fronte di un addestramento graduale.
Per quanto riguarda le droghe, cavallo di battaglia dei tanti sostenitori della follia e della mancanza di lucidità dei guerrieri-mutaforma, esse erano soltanto una porta di accesso a questa tecnica, ma non l’unico mezzo, né quello preferenziale, per applicarla. Bisogna altresì fare un’attenta puntualizzazione. Anticamente il confine fra “droga” e “farmaco”, fra “medicina” e “veleno” era labile, spesso solo questione di dosaggio. Soltanto le sostanze psicoattive, spesso medicine e veleni al contempo, provocavano un effetto intossicante di interesse per lo shapeshifting, poiché l’alterazione fisiologica alla quale conseguono allucinazioni e delirio, crea una porta di accesso facilitato a stati di coscienza alterati. Nei percorsi sciamanici, entrare in contatto con un veleno è prima di tutto un modo per interagire con lo Spirito della pianta o dell’animale da cui è stato estratto, cercando attivamente un’alleanza fruttuosa e rispettosa, che aiuti a raggiungere in modo fisico il confine fra la vita e la morte, la zona preferenziale in cui lo Sciamano si muove, e dove egli può assumere pieno potere su entrambe le forme di esistenza, in totale comunione con gli Spiriti. Possiamo dire che la droga psicotropa è un corroborante della tecnica, un aiuto e un supporto nel momento del bisogno, ma di certo non il fulcro, così come il fine non è l’atto di drogarsi per scopo ludico o nel tentativo di lenire il dolore esistenziale.
In conclusione, vi è da sventare anche una credenza folkloristica: le leggende riguardanti la licantropia sono un’eredità culturale figlia della mistificazione delle tecniche legate allo shapeshifting, che vengono esagerate, arrivando a dipingere una trasformazione fisica, legata al ciclo lunare, trasmessa dal morso degli animali selvatici, responsabili di contaminare la civiltà con la loro bestialità, distruggendo l’ordine sociale, rigido e così caro alle comunità aventi impronta squisitamente cristiana. C’è, se vogliamo, una profonda differenza fra la licantropia e lo shapeshifting, fosse anche solo per il fatto che il secondo si inserisce di diritto fra le più importanti tecniche sciamaniche, e il primo non è altro che una mera leggenda.